La Sala X è l’ultima auletta laterale destra della Galleria del Cinquecento e del Seicento. Il suo allestimento è stato pensato per accomiatare il visitatore con piccoli capolavori pittorici in miniatura, prima di accompagnarlo all’uscita. Dirimpetto all’ingresso della Sala X si trova un Cristo Benedicente attribuita all’ambito dei Piazza, una famiglia di artisti lodigiani. Il soggetto è di chiara derivazione bizantina ed era molto frequente nell’ambiente veneziano, grazie anche alla circolazione di modelli nordici. Il Cristo di questa tela, infatti, possiede ancora intatta la sua aura di rigore bizantineggiante. La luce un po’ fosca, invece di scolpire e far intuire la prospettiva, scorre a sottilissimi passaggi lasciando qua e là dei profondi incavi d’ombra. Nel lato destro dell’aula si trovano altri due olii su tela del Romanino (1486-1560). Il più suggestivo è sicuramente il minuscolo San Girolamo (appena 30 x 25 cm) chiaramente pensato come opera di devozione privata. Il modello d’ispirazione è un’incisione di Albrecht Dürer (1471-1528) del medesimo soggetto. Il Romanino coglie però il personaggio nella sua essenzialità, senza mancare di farne risaltare la monumentalità plastica. Un tocco di classe è il crocifisso che San Gerolamo tiene in una mano, dipinto in modo immateriale come se fosse una sua visione. Accanto vi è una Madonna col Bambino proveniente dalla parrocchia di Calvagese della Riviera, in zona gardesana. La vigoria monumentale del mantello della Vergine si avvicina a quello dei Profeti dipinti dal Romanino nella Cappella del Sacramento nella chiesa di San Giovanni. Il volto del Cristo ha tutti quei tratti anti-classici di derivazione nordica che sono tipici del suo stile. Dall’altra parte della Sala X si trova invece la predella dell’Incoronazione del Moretto (1498-1554). Vi sono raffigurate due scene: l’Adorazione dei pastori al centro e l’Annunciazione ai lati. L’Angelo e la Vergine dell’Annunciazione morettesca si ispirano nettamente alle omonime figure del Polittico Averoldi di Tiziano (1498-1576) nella medesima chiesa. Il Moretto declina però la vigoria tizianesca con trapassi chiaroscurali, profili più nitidi e pose più raffinate ed aggraziate. La gamma cromatica delle vesti con effetti di lumeggiatura sono invece un omaggio allo stile di Giovanni Gerolamo Savoldo.

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