Buon Natale dal Museo Diocesano di Brescia
17 Dicembre 2025
Facciamo nostri gli auguri del Vicario episcopale della cultura
Quest’opera del Pinturicchio (1454-1513) non a caso è denominata Madonna della Pace (1490 ca.), con Pace (appunto) in maiuscolo. Perché la signoria della pace (con la minuscola) non è data dalla tenera e pensosa relazione di una madre che continua a generare la preziosità lussureggiante e lussuosa di una vita continuamente data in quella gestualità di accoglienza- dono di mani – dolci e ferme – che non trattengono ma custodiscono e offrono il frutto del grembo.
Perché la signoria della pace (con la minuscola) non è data neppure dall’adorante e luminosa presenza dei due angeli che, nell’incrocio dei loro sguardi, invitano lo spettatore a spalancare gli occhi per entrare, attraverso i loro stessi occhi, nel soffuso scambio di raccoglimento e di silenzio che – socchiudendo gli occhi – invita a vedere nel profondo di quel Bambino la verità di se stessi e nel profondo della verità di se stessi l’immagine di quel Bambino.
Perché la signoria della pace (con la minuscola) non è data dalla fiera e monumentale presenza del committente, che in maniera un po’ invadente (seppur in posizione composta e devota) entra dentro la scena con tutta la prepotenza della sua disinvoltura, sguardo spalancato e bocca serrata – niente a che vedere con la delicatezza e la dolcezza degli sguardi e delle bocche della madre e degli angeli.
Perché la signoria della pace (con la minuscola) non è data dalla dolcezza del paesaggio naturale e umano dello sfondo: né dalla presenza silenziosa delle colline che, tra alberi esili e frondosi, sfumano dolcemente in lontananza, schiarite dalla foschia; né tanto meno dalla presenza umana, dato che gli uomini costruiscono le loro città circondando di mura le loro case e dato che gli unici rappresentati sono cavalieri e fanti armati (forse un’allusione alla strage degli Innocenti?).
Infatti, l’unica signoria della Pace è (appunto) con la maiuscola: è quel Bambino che non è seduto bensì ritto in piedi, cioè nella posizione del Risorto che sta in mezzo alla scena del mondo e soffia lo Spirito della Pace; che non è seminudo (come nelle coeve rappresentazioni umbre o toscane) bensì rivestito degli abiti da pontifex (la ricchissima dalmatica e il pallio), colui che abbatte i muri di separazione e fa da ponte tra Cielo e Terra e tra terra e terra; che non gioca con le sua manine infantili, bensì è una benedizione per il mondo intero, perché è Lui il Signore, l’Alfa e l’Omega, colui che regge il mondo, il quale – proprio per questo – non è più un ammasso informe di terra e acqua, ma può vivere finalmente (seppur “in piccolo”) della trasparenza stessa della Forma di Dio. E che sia benedizione per tutti e per ciascuno l’abitare l’atmosfera di questo capolavoro, fino a marzo presso il nostro Museo Diocesano: all’interno del nostro spazio- tempo talvolta così disperso e rumoroso, possa la Madonna della Pace introdurci (almeno per un po’) nel raccoglimento e nel silenzio di chi si lascia bene-dire da quel Bambino. mons. Raffaele Maiolini Vicario episcopale per la Cultura