PAOLO SCHEGGI L’Apocalisse, la morte, il sacro
Prezzo: Compreso nel biglietto d'ingresso
Dalla stesura registica per l’Apocalisse, mai andata in scena ma la cui grammatica si compì in occasione del funerale dell’artista, sino all’ultima, grande, opera installativa che lega la geometria al messaggio profetico. Nel mezzo, il tentativo di dare forma razionale a concetti trascendenti come la morte e il dolore, e l’ascetica sintesi delle tele monocrome che lo consacrarono nel panorama della Pittura Oggetto e dell’Avanguardia spazialista degli anni Sessanta. È un Paolo Scheggi inedito, quello raccontato dalla mostra PAOLO SCHEGGI L’Apocalisse, la morte, il sacro che al Museo Diocesano di Brescia svela, per la prima volta in assoluto, l’intensa ricerca elaborata a partire dai testi sacri dall’artista italiano, prematuramente scomparso il 26 giugno 1971 all’età di trent’anni. Con la curatela di Ilaria Bignotti, in collaborazione con l’Associazione Paolo Scheggi di Milano, il percorso permette di leggere in filigrana l’iter spirituale dell’autore, a partire dall’infanzia a Settignano (Firenze) quando il padre, di educazione profondamente cattolica e legato alla Compagnia della Misericordia, lo avviò allo studio dei testi sacri che Scheggi, divenuto artista, declinò in diversi momenti della sua indagine creativa.
CINQUE DISEGNI PER LA STESURA REGISTICA DELL’APOCALISSE
Tra il 1970 e il 1971 Scheggi lavorò alla stesura registica dell’Apocalisse in ambito teatrale e performativo. Il Museo Diocesano di Brescia espone per la prima volta in assoluto cinque grandi disegni progettuali, realizzati negli ultimi anni della sua vita, dedicati al tema della processione funebre con ispirazioni iconografiche tratte dal visionario libro di San Giovanni. Sul fondale oro della Conversione di San Paolo le sagome di cavalieri e destrieri sono sinopie protese verso un sole nero, nella Deposizione, ove al culmine di rocce e scalinate si staglia la Croce, domina il moto ascensionale di figure leggerissime su un cielo che pare cemento, mentre nelle scene con gli incappucciati della Confraternita della Misericordia l’azione torna ad essere colore nero, rosso, bianco. La scelta dei costumi rimanda alla memoria privata dell’artista: la sua famiglia apparteneva infatti alla Confraternita della Misericordia di Settignano. Durante le processioni e le feste sacre era ancora in uso la vestizione dei membri con ampi mantelli con i quali, nei secoli precedenti, i confratelli prestavano soccorso a mendicanti e malati, scegliendo di non mostrar loro il volto, per evitarne la vergogna dovuta alla richiesta di aiuto. L’Apocalisse – che avrebbe dovuto essere messa in scena domenica 20 settembre 1970, in Piazza San Marco a Venezia, in occasione della XXXV Biennale d’Arte – non venne però realizzata e la sua regia si compì come suggestione ai funerali di Scheggi stesso. I confratelli furono incaricati di portarne la bara seguendo le indicazioni vergate dall’artista nei suoi appunti progettuali.
6PROFETIPER6GEOMETRIE L’ULTIMA OPERA
Considerata il testamento spirituale dell’artista, in grado di racchiudere la ricerca sulla forma geometrica solida, sui materiali, la parola inscritta, la riflessione sull’Oltre e sul Trascendente, al Museo Diocesano di Brescia torna visibile la grande installazione scultorea 6profetiper6geometrie (1971). L’ultima opera compiuta di Paolo Scheggi lega il messaggio profetico al rigore geometrico ed è composta da sei piedestalli di metallo e altrettante basi nere sulle quali poggiano solidi geometrici: cubo (oro), piramide (marmo nero), sfera (marmo bianco), parallelepipedo (argento), cono (pietra serena), cilindro (bronzo). Le scritte metalliche sui lati frontali collegano ogni volume a un profeta, mentre sul retro sono inscritti gli incipit dei libri dei profeti Zaccaria, Osea, Geremia, Isaia Figlio Di Amos, Daniele, Ezechiele. 6profetiper6geometrie fu esposta alla Biennale di Venezia del 1972, nel 1976 alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Bologna in occasione della prima retrospettiva dedicata all’artista e nel 2004 nella mostra dedicata a Scheggi alla Naviglio Modern Art a Milano.
LE FOTOGRAFIE DI UGO MULAS E ADA ARDESSI
Completano il percorso le fotografie realizzate da Ugo Mulas (Pozzolengo 1928 – Milano 1973) e Ada Ardessi (Sterna, Istria 1937), straordinari testimoni delle tempeste artistiche dell’epoca, che seppero magistralmente immortalare. Gli scatti di 6profetiper6geometrie realizzati da Ardessi all’inaugurazione della prima mostra in cui fu esposta l’installazione, alla Galleria del Naviglio di Milano nel 1971, campeggiano tautologicamente attorno all’allestimento attuale. In alcuni scatti la fotografa ci offre una visione prospettica della successione metafisica dei solidi, o dettagli di essi. In altri sono riconoscibili diversi protagonisti della storia dell’epoca, da Germana Marucelli a Vincenzo Agnetti. Di Mulas – di origine bresciana, tra i Maestri della storia della fotografia italiana – la mostra accoglie una serie di dieci fotografie che documentano l’azione urbana Marcia funebre o della Geometria, processione secondo Paolo Scheggi, manifestazione a cura di Luciano Caramel che, tra le prime in Italia, propose interventi e installazioni artistici nella dimensione collettiva urbana. Una performance notturna di attori chiamati a portare in processione i solidi geometrici, con musiche composte da Franca Sacchi – tra le più interessanti performer e compositrice della Neoavanguardia elettronica concreta dalla fine degli anni Sessanta – e testi letterari tratti dalla Bibbia, dal Libro dei Profeti e da poemi tardo-rinascimentali. Mentre in filodiffusione riecheggia l’accompagnamento musicale di Sacchi, le fotografie di Mulas mostrano attori vestiti di mantelli, col capo coperto, mentre portano in processione enormi e leggerissimi volumi in polistirolo ai quali Scheggi attribuì nomi simbolici (Cuboulrico, Corradopiramide, Sferasigismondo, Conopresente, Cilindroassente, Parallelepipedoindifferente). Sono gli stessi incappucciati che, oggi sappiamo, sarebbero stati chiamati a portare la bara della sua Apocalisse, destinata a diventare – in una chiusura ciclica – anche la regia del suo funerale. Emerge, forte, il contrappunto tra le idee di morte – quindi disperazione e dolore – e geometria, simbolo di ragione e ordine delle cose, capace di mitiga la sofferenza. Poco più in là, culmine del percorso sul quale sembra vegliare, si trova una delle opere più iconiche dell’autore: Intersuperficie curva bianca (1965), sintesi del pensiero sulla geometria euclidea e sulla percezione della condizione umana.
PAOLO SCHEGGI
Annoverato tra i protagonisti della nuova avanguardia spazialista e monocroma degli anni Sessanta, Paolo Scheggi nasce a Settignano, Firenze, il 19 agosto 1940 e muore a Roma, il 26 giugno 1971. Considerato figlio spirituale di Lucio Fontana, nell’arco di una carriera intensa e brevissima a causa della prematura scomparsa, Scheggi dopo gli studi artistici inizia una ricerca di ardita sperimentazione che lo porta a superare rapidamente le istanze dell’Informale. A Milano dal 1961, stringe un rapporto di vivace collaborazione con Germana Marucelli ed entra in contatto con l’ambiente artistico del capoluogo lombardo, suscitando l’attenzione di Lucio Fontana dal 1962. A Brescia Scheggi era in contatto con Armando Nizzi, direttore della storica galleria Sincron, che lo invitò a una mostra collettiva nel 1968 e poi ad una manifestazione nel 1969. Seguito dalla critica più influente dell’epoca, da Argan a Bucarelli, da Belloli a Celant, da Dorfles a Kultermann, è riconosciuto tra gli esponenti della Pittura Oggetto, elaborando un personale linguaggio plastico-visuale che si estende poi a livello ambientale e prosegue, nell’ultima fase della sua ricerca, in direzione teatrale e performativa, con azioni urbane e successivamente volge ad una indagine mitico-politica in chiave metafisica. A contatto con i movimenti e i gruppi di ricerca internazionali, partecipa alle principali esposizioni del tempo, da Parigi a Buenos Aires, da New York ad Amburgo, da Düsseldorf a Zagabria. Le sue opere sono conservate in prestigiosi Musei e Istituzioni internazionali, dal Guggenheim Museum di New York alla Tate Gallery di Londra. L’opera e la vita di Paolo Scheggi sono tutelate e divulgate dall’Associazione Paolo Scheggi, costituitasi a Milano nel gennaio 2013 su iniziativa della moglie Franca Scheggi Dall’Acqua (1941 – 2020) e della figlia Cosima Scheggi Merlini, che oggi la presiede. Con la Direzione scientifica Ilaria Bignotti, l’Associazione Paolo Scheggi svolge attività di conservazione, tutela, archiviazione e catalogazione dell’intera opera di Paolo Scheggi, collaborando inoltre alla realizzazione di mostre e progetti internazionali in grado di approfondire e valorizzare specifiche direzioni dell’opera di Paolo Scheggi.