ADOREMUS. La Madonna della Pace di Pinturicchio
In una fase storica contrassegnata da forti tensioni internazionali, dalla perdita di vite umane e dall’aggravarsi della situazione di molti Paesi, il Museo Diocesano di Brescia offre ai visitatori uno spunto simbolico di riflessione a partire dall’accostamento della grande pittura rinascimentale all’arte del tessuto. Accade con Adoremus, appuntamento tra i più attesi del calendario espositivo del Museo Diocesano di Brescia che, per la sua quinta edizione, porta per la prima volta a Brescia un’opera di Bernardino di Betto, detto Pinturicchio. Considerata tra i caposaldi della produzione del pittore, la Madonna della Pace (1490 ca.) già a partire dal titolo incarna appieno lo spirito di Adoremus che intende trasmettere un messaggio raccoglimento e speranza, in antitesi a un tempo segnato da crisi e senso di smarrimento. L’allestimento – articolato in quattro sale, con un concept sinestetico che alla visione abbina componenti tattili – trova il suo culmine emotivo e spirituale nell’esposizione del capolavoro del Maestro del Rinascimento umbro. Grazie alla collaborazione con la Fondazione Arte Della Seta Lisio di Firenze, trovano spazio l’esemplare in seta della veste che all’interno del quadro avvolge Gesù Bambino e una ventina di campioni – sete, velluti, damasco, broccato – dei preziosi tessuti indossati dai personaggi raffigurati all’interno della scena.
L’OPERA
Databile intorno al 1488- 1489 e proveniente dal MARec, Museo dell’Arte Recuperata Arcidiocesi di Camerino e San Severino Marche, il dipinto si distingue per la grazia luminosa e la compostezza tipica del Rinascimento umbro. Un’opera complessa e articolata per la presenza di più soggetti nella scena, che si discosta dalle consuete Madonne col Bambino. Domina la scena la Vergine seduta, girata appena, con la testa di poco reclinata, riccamente vestita. Commoventi per la minuzia sono i dettagli dei ricami d’oro che corrono sulle vesti, della fascia di broccato in seta variopinta che la cinge sotto il petto ornata in un’estremità da una ghianda. Sulle ginocchia della Madre, sopra un cuscino ricoperto di damasco, si trova il Bambino, assiso con lo sguardo rivolto verso il basso mentre benedice e regge un globo trasparente. Alle spalle due angeli chiudono i piani intermedi, fungendo da medium per lo sguardo verso la veduta di fondo. Il contesto presentato è quello canonico: una campagna in parte montuosa che prende luce dal sole che si affaccia all’orizzonte e a chiudere, una città fortificata posta sul pendio. Alla scena sacra prende parte anche un uomo, in primissimo piano sulla destra: il committente Libero Bartelli ricco e importante canonico che, diventato priore della cattedrale cittadina, tra il 1488 e il 1489 decide di donare al proprio paese d’origine l’opera di uno degli artisti più noti e amati di Roma. Il fiero profilo del prelato veicola la sua attitudine disinvolta, con l’occhio aperto e il sopracciglio arcuato in un ritratto dal vero vivo e parlante. Nei suoi tratti fisionomici si evincono le doti del pittore nel cogliere le finezze umane, dal naso aquilino alle labbra serrate soffermandosi sui porri in rilievo e sulle vene rigonfie del collo e della fronte. L’attitudine di Pinturicchio da miniaturista torna nei colori, con poche terre a favore di toni squillanti, artificiali dai verdi vegetali ai cerulei fino all’oro a profusione. Allo stesso tempo traspare la sua passione per l’oreficeria nella targhetta bulinata sulla vesticciola del Bambino dove appare una sirena -sfinge con ali aperte, dettagli che aumentano la percezione di una visione irreale fiabesca, quasi magica.
PREZIOSI TESSUTI
Una lettura vestimentaria dell’opera del Pinturicchio In occasione della mostra sete, ricami, e panni pregiati sono stati appositamente prodotti dalla sartoria storica della Fondazione Lisio Arte della Seta. Ognuno dei campioni esposti riproduce i tessuti delle vesti e dei manti che avvolgono i personaggi raffigurati dal Pinturicchio, per il quale la descrizione minuziosa dell’abito diventa veicolo teologico, traducendo materia e ornamento in dottrina visiva. La molteplicità dei manufatti restituiti riflette infatti la cultura materiale rinascimentale e il valore simbolico della veste come segno del divino. Dio Padre indossa un habito all’antica, emblema di eternità. Il suo mantello – pallio o himation – in lana verde, foderato d’incarnadino e ornato da ricamo a meandri dorati, richiama la vita nuova, la letizia e la regalità celeste. La tunica blu sottostante allude alla trascendenza divina. La Vergine indossa una tunica in panno di lana rossa e il tradizionale maphorion dello stesso materiale; la camíça e il velo, in lino finissimo, richiamano purezza e umiltà, mentre la fodera serica del manto evoca la luce divina. La cintola, decorata secondo il gusto perugino, rimanda al parto virginale. Gli angeli, in seta ricamata con motivi a palmette e scritture pseudo-cufiche, uniscono guarnello e dalmatica, fondendo la tradizione iconografica e le vesti liturgiche. Il donatore, Liberato Bartelli, indossa un lucco in panno di lana rossa su giubberello scuro e camíça bianca: l’abbigliamento, conforme alle leggi suntuarie, traduce rango, devozione e appartenenza ecclesiastica. Infine, il Divino Infante veste una dalmatica in seta bianca con ricami aurei e un pallio in seta blu: la seta e l’oro, simboli di purezza e gloria, manifestano la sua natura regale e la duplice identità umana e divina di Redentore. L’insieme rivela una marcata ispirazione bizantina, evidente nel pallio o himation, manto che invita alla rinascita interiore mediante il distacco dai beni terreni, in accordo con la riflessione di Tertulliano (De Pallio, IV). Realizzato in seta blu, fibra associata allo splendore divino e colore della trascendenza, richiama la tipologia del Cristo Pantocratore. Sotto, una dalmatica in seta bianca, veste liturgica che rimanda alla purezza, alla gioia e alla risurrezione, evoca al contempo dignità imperiale e funzione sacerdotale. Il ricamo a palmette lungo il bordo richiama motivi del cerimoniale imperiale, mentre perle e applicazioni preziose rimandano al tesoro del Regno dei Cieli. Alla spalla compaiono orbiculi ricamati con spille ornate da zaffiro, che richiamano la Christus Sapientia. Particolarmente significativo è il ricamo allo scollo – una figura assimilabile a una sirena alata che trattiene racemi simili a tralci di vite – che in ambito cristologico allude, secondo Origene e Basilio di Cesarea, alla discesa agli inferi e alla vittoria sulla morte: il Cristo che proviene dal “mare” e riemerge trasfigurato nel Sabato Santo.
FONDAZIONE ARTE DELLA SETA LISIO
Nel 1906 Giuseppe Lisio (1870 – 1943) fonda la sua prima manifattura a Firenze la cui guida nel dopoguerra passa nelle appassionate mani della figlia Fidalma (1910 – 2001). Dal 1971 quest’ultima istituisce la Fondazione Lisio con lo scopo di proseguire, quale terza generazione, la rinomata e insuperata produzione di pregiati velluti e broccati, di lampassi e damaschi, realizzati, con identica maestria e perfezione con gli storici telai manuali in legno, o su telai meccanici ad altissima definizione. Fidalma, desiderosa di tutelare e tramandare l’ineguagliato lavoro del padre conferisce in tale nuova realtà gli storici telai a mano e i disegni dell’antica manifattura con l’intento di continuare a proporre le rarissime tecniche di lavorazione, destinate viceversa a scomparire dopo la sua morte. Affianca quindi alla rinomata produzione tessile una qualificata Scuola d’Arte Tessile, che da decenni forma qualificati allievi provenienti da tutto il mondo. MARec, Museo dell’Arte Recuperata Arcidiocesi di Camerino – San Severino Marche raccoglie in un’unica esposizione – nel palazzo vescovile di San Severino Marche – le opere salvate dalle chiese dopo il sisma del 2016, in attesa che siano riaccolte nelle proprie chiese di provenienza. Contestualmente all’iniziativa espositiva il Museo Diocesano di Brescia restaurerà il dipinto su tavola Madonna col Bambino e misteri del Rosario (1519) di Giulio Vergari da Amandola, proveniente dalla Parrocchia di San Michele Arcangelo, Bolognola (MC), che fu tra quelle colpite del terremoto. L’operazione costituisce l’avvio di gemellaggio tra le due Diocesi ed i rispettivi Musei.
ADOREMUS Dal 3 dicembre 2025 all’8 marzo 2026
PROGETTO A CURA DI Nicolò Fiammetti e Annamaria Lombardi, in collaborazione con Fondazione Arte Della Seta Lisio, Firenze e con il corso di “Allestimento degli spazi espositivi” della Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti SantaGiulia di Brescia, condotto dal Prof. Alessandro Polo.