Inferno, Canto XXVI

Autore: Anselm Roehr China su carta mesticata  -  75x55 cm

In questo disegno Roehr si confronta con uno dei canti più noti dell’Inferno, il XXVI, in cui tra i consiglieri fraudolenti sono puniti Ulisse e Diomede.

Nel canto si racconta di come, dopo aver visto una serie di dannati nascosti dalle fiamme entro cui ardono, Dante chieda a Virgilio l’identità delle anime che bruciano dentro ad una fiamma a due punte.

La sua guida gli risponde che si tratta di Ulisse e Diomede e ne ricorda gli inganni compiuti, per i quali sono puniti in quella bolgia.

È Virgilio, grazie ad una captatio benevolentiae che fa leva sull’averli resi famosi nell’Eneide, a interloquire con loro e a chiedere ad Ulisse di narrare del suo folle viaggio e della sua morte.

Nel disegno Roehr si concentra su queste prime due terzine, in cui Virgilio rivolge la parola ai due dannati.

Al centro della composizione si notano due profili umani, l’uno di fronte all’altro; la figura sulla destra è delineata per intero, mentre l’altra è disegnata solo nella parte superiore.

All’altezza della testa del soggetto di sinistra, e in basso a destra, a lambire le gambe della seconda figura si vedono lingue di fuoco.

Per la prima volta invece le figure di Dante e Virgilio sono raffigurate separate, l’uno in basso a destra e l’altro a sinistra, forse per evidenziare visivamente che solo Virgilio sta interloquendo con le due anime.

A livello iconografico e compositivo Roehr si prende notevole libertà, infatti nel suo disegno la fiamma che lambisce e imprigiona i due dannati sembra per un momento diradarsi, per consentire agli spettatori di osservarli.

Interessante è anche il modo in cui sono rappresentate le fiamme: sono rese con linee mosse nella parte inferiore del disegno, mentre in alto si fanno più affilate e finiscono per creare una punta sopra la testa della prima figura.

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