Santa Maria Maddalena

Autore: Carlo Dolci (copia da) Olio su tela  -  95x75 cm Provenienza: Brescia, Museo Diocesano, (inv. n. 1304), già donazione Pier Luigi Piotti  - 

Il dipinto ritrae Santa Maria Maddalena a mezzo busto elegantemente abbigliata in un abito color rosso e nero dalle ampie maniche a sbuffo. Con la mano sinistra regge il vaso dell’unguento in alabastro, consueto attributo della santa, mentre con la destra solleva il dito indice in un gesto emblematico che sembrerebbe rivolto allo spettatore. La donna si staglia su uno sfondo scuro che lascia intravedere, in maniera quasi impercettibile, un’aureola. L’opera è finemente dettagliata come si può evincere dai capelli che ricadono lungo il viso e sul seno o dalle pieghe minuziosamente descritte nel voluminoso panneggio delle maniche.

Dal punto di vista conservativo il quadro appare in buono stato, anche se l’affievolimento dell’aureola potrebbe essere imputabile a una generale ridipintura del fondo. L’opera, infatti, pare molto restaurata e questo potrebbe aver comportato un sostanziale appiattamento dei volumi della figura. Nonostante tale considerazione, la qualità pittorica rimane comunque ben leggibile. La cornice, invece, non sembra originale. 

Il dipinto proviene dalla collezione di Pier Luigi Piotti, un avvocato e poeta bresciano, le cui raccolte ricomprendevano oggetti eterogenei e disparati come mappe, cartoline, libri antichi (cfr. Collezionisti in Val Trompia, pp. 6-7). Purtroppo non sono presenti dati documentari relativi all’acquisto del quadro. 

In merito alla fortuna critica, l’unico intervento a stampa riguardante la tela è quello di Giuseppe Fusari nel catalogo sulla collezione dei dipinti sei e settecenteschi conservati al Museo Diocesano di Brescia, redatto nel 2019. In quell’occasione lo studioso riconosce l’opera come una copia tratta da una Maddalena di Carlo Dolci collocandone quindi la realizzazione in ambito fiorentino, contrariamente a quanto indicato sull’attuale cartellino museale che identifica l’artista come “pittore lombardo” (Fusari 2019, p. 32).

L’archetipo di Dolci, di forma ottagonale, precedentemente conosciuto soltanto tramite una fotografia conservata alla Fondazione Roberto Longhi di Firenze, è recentemente ricomparso in una collezione privata romana ed è databile, su basi stilistiche, a cavallo tra il quinto e il sesto decennio del Seicento (Baldassari 1995, 2015, p. 109 e p. 188). Tale ipotesi pare confermata, anche, dall’identificazione della modella ritratta con Francesca Scipione Capponi, figlia del marchese Scipione di Pier Maria Capponi, che divenne monaca nel 1659. Stando, infatti, ad alcuni inediti documenti rinvenuti da Francesca Baldassarri, il marchese, per celebrare il ritiro in convento della figlia, commissionò a Carlo Dolci, nel 1657, un ritratto di Francesca nelle vesti di Santa Cecilia in atto di suonare l’organo, oggi all’Ermitage, (inv. n. GE-44) che saldò nel 1659. La vicinanza anagrafica tra le fattezze della santa del museo russo e la Santa Maria Maddalena in collezione privata romana permetterebbe quindi di collocare la realizzazione di quest’ultima tra il 1659 e il 1660 (Baldassari 2015, p. 188, 347; Fabbri 2015, p. 328). Questa datazione rimane quindi un termine post quem anche per l’opera bresciana. 

Al dipinto del maestro toscano raffigurante la Maddalena sembra ricollegarsi un disegno preparatorio conservato al Courtauld Institute di Londra (inv. n. D.1952.RW.4369) in cui l’abito è minuziosamente delineato mentre la parte delle mani appare cancellata, probabilmente perché Dolci utilizzava questo bozzetto anche per la rappresentazione di altre figure, come la Santa Margherita di Palazzo Pitti (inv. Palatina 1912, n. 227) realizzata tra il 1664 e il 1665 (Fabbri 2015, p. 328). Lo studio compositivo, uno degli apici della grafica dolciana, si contraddistingue, oltre che per la finezza con cui sono delineate le pieghe del panneggio, anche per il viso tondeggiante della santa, forse più vicino alla vera fisionomia di Francesca Capponi, poi snellito nel dipinto finale. La datazione del disegno è, quindi, legata alla cronologia della tela in collezione privata. 

Francesca Baldassari collega quest’ultima opera a quella citata nel 1776 nel catalogo della raccolta del celebre scrittore, saggista e mercante d’arte veneziano Francesco Algarotti, dove viene ricordata come pendant di una Santa Cecilia suona l’organo, oggi dispersa (Baldassari 2015, p. 188). Successivamente i due dipinti vengono acquistati dalla famiglia Manfredini, sempre di Venezia, come attesta un inventario del 1794. Il quadro è poi entrato nella collezione del Barone Rothschild tramite il mercante inglese Alexander Backer nel 1856 e per via ereditaria in quella della famiglia Rosebery. Rimane tutt’ora da chiarire chi e quando possa avere riportato l’opera in Italia che riappare negli anni 60 del 900 nella collezione Gerli di Milano per poi approdare in una raccolta privata romana (Baldassari 2015, p. 188).

Carlo Dolci, nel corso della sua carriera, realizzò molte altre varianti dello stesso soggetto, tra cui una Santa Maria Maddalena ottagonale conservata al Fitzwilliam Museum di Cambridge (inv n. 4-1966), una Maria Maddalena agli Uffizi (inv. 1890 n. 768) o ancora una Maddalena penitente oggi alla Galleria Corsini di Roma (inv. n. 225). Queste versioni, prima fra tutte quella degli Uffizi, ebbero grandissima fortuna tra gli artisti, tant’è che ne esistono numerose copie. Non è comunque da escludere che anche un ipotetico modello simile al quadro in esame possa aver goduto di una certa popolarità, come dimostrerebbe l’inventario del cardinale Leopoldo de’ Medici del 1675 in cui viene descritta una Maddalena, sempre di Dolci, corrispondente a quella del dipinto ottagonale, solamente in formato più grande (Baldassari 2015, p. 188). Anche Fusari riporta, senza ulteriori specifiche, come il prototipo della tela lombarda fosse «molto noto e […] diffuso attraverso le incisioni dell’artista» (Fusari 2019, p. 32).

L’opera bresciana coincide precisamente con il quadro del maestro fiorentino se non per la diversa forma – ottagonale il dipinto ex Gerli, quadrato quello lombardo – sebbene le misure siano pressoché identiche. Il modo di dipingere differisce, invece, da quello di Dolci; l’anonimo copista utilizza, infatti, un tratto più materico e meno smaltato. Nonostante tale considerazione, resta comunque condivisibile la proposta di Fusari di inserire l’opera in ambito toscano e più precisamente nella cerchia degli artisti seguaci del Dolci. 

Senza dubbio infatti la tipologia dei volti, la resa accurata dei panneggi, la cura maniacale dei dettagli, rimane avvicinabile all’ambiente fiorentino Sei e Settecentesco, in particolare alle opere degli allievi di Carlo Dolci quali Onorio Marinari (figg. 10 e 11), Agnese Dolci, Alessandro Lomi, Bartolomeo Mancini. Sebbene siano ravvisabili innegabili convergenze di stile tra gli artisti sopra citati e l’anonimo maestro, sussistono altresì alcune sostanziali differenze – prima fra tutte la qualità più bassa della copia bresciana rispetto alle opere degli allievi – tali da non permettere un’attribuzione più puntuale, né l’individuazione di un nome preciso. Vista l’aderenza all’archetipo è comunque possibile ipotizzare che si tratti quantomeno di un prodotto ulteriore scaturito al di fuori della bottega diretta del pittore fiorentino. 

 

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Bibliografia Specifica 

Fusari 2019, pp. 32-33. 

Bibliografia Generale

  1. Baldassari, Carlo Dolci, Torino, 1995.
  2. Baldassari, La pittura del Seicento a Firenze. Indice degli artisti e delle loro opere, Milano, 2009.
  3. Baldassari, Carlo Dolci. Complete catalogue of the paintings, Firenze, 2015.
  4. C. Fabbri, Studio di fanciulla a mezza figura volta di tre quarti verso destra in Carlo Dolci 1616-1687, Catalogo della mostra (Firenze, 30 giugno-15 novembre 2015), a cura di S. Bellesi, A. Bisceglia, Livorno, 105, pp. 328-239, cat. 72.
  5. Benassai, Carlo Dolci: i discepoli, l’eredità, il ricordo in Carlo Dolci 1616-1687, Catalogo della mostra (Firenze, 30 giugno-15 novembre 2015), a cura di S. Bellesi, A. Bisceglia, Livorno, 105, pp. 145-155.

Sitografia 

Collezionisti in Val Trompia. Un patrimonio da scoprire: schede descrittive dei Collezionisti e delle Collezioni 

https://brescia.cosedafare.net/imageResources/20181227/23792.pdf 

Ultima consultazione: 21/10/2022

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Università Cattolica del Sacro Cuore
Scuola di Specializzazione in Beni storico artistici
Laboratorio di riconoscimento delle Opere Pittoriche (Prof. S. Bruzzese Prof. M. Pavesi)
a.a. 2021-2022

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