Visione di Santa Rosa da Lima

Autore: Andrea Celesti (Venezia 1632-Toscolano Maderno 1712) Olio su tela centinata  -  283x182,5 cm Provenienza: Brescia, sacrestia dell'Oratorio di Santa Maria delle Consolazioni  - 

La tela era collocata nel primo altare a destra della chiesa di San Clemente a Brescia. Lì fu ammirata da Giovanni Antonio Averoldo nella Scelte pitture di Brescia stampato nel 1700 e da Francesco Maccarinelli nelle Glorie di Brescia del 1747.

Prima di pervenire nelle collezioni del Museo Diocesano di Brescia, intorno al 1840 fu spostata nella sagrestia dell’Oratorio di Santa Maria delle Consolazioni. In quell’anno, la chiesa stava subendo un pesante intervento di ristrutturazione operata dall’architetto Rodolfo Vantini.

È possibile che in tale occasione la tela sia stata ridotta di circa dieci centimetri per essere trasferita su un telaio più piccolo.

Giovanni Antonio Averoldo attribuì l’opera ad Andrea Celesti, del quale lodò il delicato disegno e il sapiente uso dei colori. La critica successiva ha confermato tale attribuzione.

La data di esecuzione viene generalmente fissata tra il 1693 e il 1695, nel breve lasso di tempo in cui Andrea Celesti soggiornò a Brescia. Ma non si può escludere una cronologia più avanzata per alcune somiglianze ad altre opere tarde nella composizione e nell’uso della luce.

Il soggetto del dipinto è una visione di santa Rosa da Lima, nata nella città peruviana col nome di Isabel Flores de Oliva. Nella stessa città morì nel 1617 dopo aver abbracciato il terz’ordine domenicano.

Nel corso della sua breve vita si era impegnata per l’assistenza ai poveri e agli indios d’America; divenne poi conosciuta per la sua vita ascetica e le frequenti visioni.

Nel 1671 fu canonizzata da papa Clemente X e due anni dopo proclamata patrona del Perù, divenendo la prima santa riconosciuta del Nuovo Mondo.

Andrea Celesti raffigura la santa in primo piano in ginocchio davanti allo scrittorio. In preda ad una delle sue crisi mistiche, rivolge lo sguardo in alto all’apparizione di Gesù Bambino sorretto dagli angeli.

Della scena, sviluppata in diagonale, colpiscono le pennellate veloci del Celesti, che definiscono ogni tipo di materia, e la morbidezza dell’incarnato, specialmente quella di Gesù Bambino e dei putti alati.

Magistrale è l’uso della luce, sia quella naturale del paesaggio silvestre sullo sfondo che quella più forte, incandescente e pervasiva emanata dalla visione del Cristo, che sferza le tenebre e contrappone il degrado della natura al bagliore sovrannaturale della rivelazione divina.

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