Compianto su Cristo morto con san Paolo, santa Maria Maddalena, san Giuseppe e santa Caterina d’Alessandria
Autore: Gerolamo Romani, il Romanino (Brescia tra il 1484 e il 1487-dopo il 1559) Olio su tela - 247x176 cm Provenienza: Brescia, Chiesa di San Giuseppe -
La pala proviene dalla seconda cappella a destra della chiesa di san Giuseppe, intitolata a santa Maria della Passione. La decorazione avvenne per volontà testamentaria del nobile Giovan Pietro Cazzago, che richiese anche un ciclo di affreschi sulle pareti che però è andato perduto.
Le guide settecentesche alla città di Brescia citano ancora la presenza della pala nelle sale del convento. I critici lodarono il talento dell’artista ma lamentarono il pessimo stato della tela , dovuto ad alcune riverniciature d’epoca imprecisata.
Ciò ha inevitabilmente pesato sulla valutazione critica della Deposizione. L’opera venne ritenuta opera di bottega, realizzata con la collaborazione di Callisto Piazza o Alessandro Romani, fratello di Gerolamo, soprattutto per le caricature dei volti. È soltanto in tempi più recenti che l’autografia al Romanino è stata ribattuta con certezza quasi assoluta.
La composizione si attiene al classico schema del Compianto sul Cristo Morto. Tuttavia, il gruppo della Vergine col Cristo Morto richiama fortemente la tipologia dei Vesperbilds nordici. La scena è ambientata in un paesaggio collinare dominato dal monte del Calvario e alla luce crepuscolare del tramonto.
Delle due sante in primo piano, quella di sinistra è identificabile nella Maddalena piangente, unico personaggio riconducibile ad un Compianto. Il Romanino la raffigura con i capelli sciolti, una camicia bianca ricamata, un abito verde decorato con motivi vegetali dorati e una sopra-gonna di mussola. L’effetto quasi trasparente è stato ottenuto dall’uso di rapide pennellate di colore bianco.
La santa di destra è di più difficile interpretazione: la critica più recente vi riconosce Santa Caterina d’Alessandria per la presenza della corona ai suoi piedi. Anch’essa indossa degli abiti che giustificano il suo status di principessa, dal mantello rosa dai bordi dorati alla veste verde marezzata. Completano la scena le figure di San Paolo Apostolo e di San Giuseppe, titolare della chiesa.
La datazione della tela è stata fortemente dibattuta nel corso degli anni. Maria Luisa Ferrari Boschetto la collocava anteriormente al 1530, seguita da Marco Tanzi, che riconosceva nei volti un debito verso la Pietà di Stefano Lamberti nella parrocchiale di Condino, realizzata in quegli stessi anni.
Gaetano Panazza spostava la realizzazione intorno al 1540. Egli notava, nel taglio diagonale del cadavere di Cristo una ripresa del Cristo morto compianto degli angeli dipinto intorno al 1535 per la parrocchiale di Ospitaletto.
Secondo la critica più moderna, è più plausibile una datazione tra il 1545 e il 1548, per la presenza di alcuni elementi riscontrabili in altre opere mature del Romanino. Soprattutto lo studio degli effetti della luce e delle marezzature sugli abiti delle sante si riscontrano nella Cena in casa di Simone e nello Sposalizio della Vergine, databili tra il 1540 e il 1545.
Anche il paesaggio dai contorni indefiniti e sommari, con il Golgota che emerge dal cielo temporalesco e l’accenno sfumato alla città di Gerusalemme è tipico delle opere più mature del Romanino. La camicia ricamata e l’abito verde decorato della Maddalena piangente rimandano alle vesti della Santa Caterina d’Alessandria della Pala Avogadro, altro capolavoro del Romanino esposto al Museo Diocesano, realizzato entro il 1550 con la collaborazione di Lattanzio Gambara.