La Sala Grande accanto alla Sezione dei Tessuti Liturgici conserva indubbiamente i capolavori più indiscussi di tutta la collezione del Museo Diocesano di Brescia. È divisa in due sezioni che accompagnano il visitatore in un percorso storico sulla nascita e l’evoluzione del Rinascimento a Brescia dal Quattrocento al Cinquecento. La prima sezione della Sala Grande è dedicata alla pittura d’oro, ossia al linguaggio artistico tardo-gotico ancora presente nella Brescia di inizio Quattrocento grazie all’influenza di Venezia. I continui legami della Serenissima con il mondo orientale denota una persistenza dello sfondo d’oro nella pittura veneziana ben al di là dei termini cronologici che segnano l’inizio del Rinascimento. Capolavoro indiscusso di questa sezione è il Polittico di Sant’Orsola del pittore veneziano Antonio Vivarini (1420 circa-tra il 1476 e il 1484). Le tre tavole sono quanto è rimasto di questo grande complesso realizzato entro il 1450 per la chiesa di San Pietro in Oliveto sul Colle Cidneo. Lo sfondo dorato, il decorativismo delle aureole, l’eleganza formale delle sante nella tavola centrale testimoniano indubbiamente il perpetuarsi della tradizione tardo-gotica. Le pale laterali mostrano invece una nuova ricerca del pittore verso una costruzione volumetrica e tridimensionale delle figure, ossia verso la nascente sensibilità rinascimentale. Tra le altre opere legate alla pittura d’oro troviamo una Madonna col Bambino di Paolo Veneziano (1300 circa-1360 circa). È uno splendido esempio della pittura cortese che riprende e aggiorna la tradizione lagunare legata allo stile greco delle icone e al mondo bizantino. A quest’ultimo rimanda indubbiamente la Sacra Famiglia con Santa Caterina d’Alessandria di scuola veneto-cretese, proveniente dal Capitolo della Cattedrale di Brescia. Nella seconda sezione della Sala Grande, molto più grande della prima, si trovano i veri capolavori del Rinascimento Bresciano. Si leggono infatti nomi di grande levatura e prestigio quali il Moretto, il Romanino, Maffeo Olivieri e Floriano Ferramola. Del Moretto (1498-1554), uno dei protagonisti più assoluti del Rinascimento Bresciano, sono esposte due tele molto diverse. La prima, San Rocco con i Santi Cosma e Damiano, Nicola e Antonio Abate è una tempera su tela datata ai primi anni della sua carriera. Nei personaggi si intravedono richiami evidenti all’arte del Romanino, a sua volta influenzata dallo stile di Giorgione, che sono tipici di questa fase giovanile. Tipicamente moretteschi sono invece la monumentalità delle figure e i panneggi compatti che ne amplificano la tridimensionalità. La seconda opera, dirimpetto alla prima, è invece molto più tarda, datata intorno agli anni Quaranta del Cinquecento. La Madonna col Bambino, San Giovanni Evangelista, San Lorenzo Giustiniani e l’Allegoria della Divina Sapienza denota la fase manieristica dell’arte del Moretto, dove i colori sono più smorzati e le figure acquistano tutta la pienezza e la grazia della cultura raffaellesca. Del Romanino (1486-1560) si espone in questa Sala Grande la Deposizione con Santi, messa in comunicazione con la Madonna col Bambino del Moretto. È unanimemente datata all’ultima fase della carriera artistica del pittore, ravvisabile nella preponderanza dei colori bruni e nella condotta sommaria del paesaggio sullo sfondo. La verve nordica tipica del Romanino è però ancora evidente nei volti e nella figura di Maria, desunta dai Vesperbilds di area germanica. Altrettanto importante è la Madonna in trono con Santi di Floriano Ferramola (1478-1528), firmata e datata 1522. La composizione della scena richiama ancora il gusto classico, morbido e pacato del suo maestro Vincenzo Foppa, uno degli antesignani del Rinascimento Bresciano. Tra gli artefatti della Sala Grande si trovano anche pregevoli opere di scultura. La più prestigiosa di tutte è sicuramente il Crocifisso ligneo di Maffeo Olivieri (1484-1543) proveniente dalla parrocchia di Botticino Sera. Questo Crocifisso rappresenta la più antica testimonianza databile sia della carriera dell’Olivieri che della manifattura lignea rinascimentale bresciana. Il restauro nel 2017 ha inoltre riportato alla luce le policromie originali ad olio di lino su strato di gesso, operate da Paolo da Caylina il Giovane (1485-1545).

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